Sabato 26 aprile 2025, Piazza San Pietro, in un’atmosfera di commozione profonda, ha accolto oltre 250.000 fedeli per dare l’ultimo saluto al Papa venuto «dalla fine del mondo», il pastore che aveva scelto il nome di Francesco per ricordare a tutti che la Chiesa deve camminare povera tra i poveri.
A celebrare il rito funebre è stato il cardinale Giovanni Battista Re, Decano del Collegio Cardinalizio, che nell’omelia ha delineato con parole semplici ma incisive l’anima del pontificato di Francesco:
«Costruire ponti, non muri», ha ricordato Re, citando una delle esortazioni più amate e ripetute dal Papa. «Il suo servizio di fede è stato sempre congiunto al servizio dell’uomo, in tutte le sue dimensioni», ha aggiunto, sottolineando l’inseparabilità, in Francesco, tra Vangelo e vita concreta.
La cerimonia, ha visto la partecipazione di numerosi capi di Stato e di governo, tra cui il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, entrambi immortalati in una foto destinata a rimanere nella memoria: seduti faccia a faccia, all’interno della Basilica di San Pietro, alla ricerca di quella pace tanto desiderata da Papa Francesco. Quel gesto, nel luogo dove Francesco ha chiesto incessantemente fine alle guerre, sembra davvero un primo fragile germoglio di speranza.
Il cardinale Re ha poi ringraziato i presenti, affermando:
«Il plebiscito di affetto che abbiamo visto in questi giorni dopo il suo passaggio all’eternità ci dice quanto il suo intenso pontificato abbia toccato le menti e i cuori».
Non è mancato il ricordo struggente dell’ultima apparizione pubblica del Papa: affaticato, fragile, ma ancora una volta tra la gente, durante la Pasqua 2025, ha impartito la benedizione Urbi et Orbi e, nonostante le sue precarie condizioni di salute, ha salutato un’ultima volta i fedeli a bordo della papamobile scoperta.
Concludendo l’omelia, il cardinale Re ha rivolto un ultimo pensiero:
«Caro Papa Francesco, ora chiediamo a te di pregare per noi, e che dal cielo tu benedica la Chiesa, Roma e il mondo intero, come domenica scorsa hai fatto dal balcone di questa Basilica, in un ultimo abbraccio con il popolo di Dio».
Al termine della Celebrazione la bara, semplice in legno chiaro, è stata portata in corteo attraverso Roma: il corteo funebre ha attraversato via della Conciliazione, i Fori Imperiali, e ha sostato brevemente davanti al Colosseo, in un silenzio rotto solo dal suono delle campane.
Secondo la sua volontà, Papa Francesco è stato tumulato nella Basilica di Santa Maria Maggiore, vicino a quell’icona della Salus Populi Romani che tanto ha amato. Nessun sontuoso monumento, solo una lastra con la scritta: “Franciscus”. Il Pontefice aveva disposto anche che non si esponesse il corpo su un catafalco e che si evitassero le tradizionali tre bare sovrapposte in cipresso, piombo e rovere: scelta che rispecchia fedelmente la sua visione di una Chiesa «povera per i poveri», umile, spoglia di potere mondano.
Roma, con la sua gente, non ha solo salutato un Papa ma un uomo, che col suo esempio, ha indicato in modo instancabile, una via evangelica fatta di misericordia, di umiltà, di pace.
E, nelle lacrime di tanti, credenti e non credenti, si è percepito che l’eredità di Francesco non finirà con la sua vita terrena: essa continuerà, come una brezza leggera, nei cuori della gente di tutto il mondo.