Gli attributi iconografici

© Beato Giovanni Liccio, olio su tela (Anonimo, XVIII sec.)

La Croce

E’ il segno iconografico più comune che accompagna, assieme a quello del Rosario, le più antiche raffigurazioni del Beato. Una chiara manifestazione di come il mistero della contemplazione delle croce, e quindi della passione di Cristo, sia stato un punto centrale nella vita e nella spiritualità del Liccio.
E noi sappiamo e conosciamo l’importanza nella vita di ogni cristiano della croce che ci ricorda innanzitutto il modo attraverso cui Cristo ha voluto morire per salvare l’umanità.
Quindi per noi la croce è simbolo di speranza ed elemento insopprimibile della nostra fede, attraverso di essa siamo chiamati a vincere la paura della morte. “La sola morte da temere è la morte spirituale, la morte del cuore che non desidera, non si rallegra, non protesta perchè è sopraffatto dall’indifferenza e dalla disperazione.
La croce segna nella storia il posto dove è stata riportata una magnifica vittoria sulla paura. La prova di ciò è costituita semplicemente dal verdetto del tempo: perchè sulla croce la morte è rappresentata da coloro che vi inchiodano l’Uomo e l’Uomo su di essa morto rappresenta la vita. E quest’Uomo è con noi, dopo secoli e secoli” (N. Ward).
In diverse opere questa identificazione del Beato con la croce è talmente espressiva da sembrare quasi una fusione delle due realtà: la croce e l’uomo. La creatura e il mezzo attraverso cui il Creatore ha redento il genere umano.
Ciò corrisponde bene, del resto, alla spiritualità del Beato Giovanni; infatti chi è il domenicano se non colui che fa sgorgare la sua predicazione dall’abbondanza della contemplazione? Dalla croce di Cristo, infatti, fonte e origine della nostra salvezza e dallo studio assiduo della Verità rivelata trae la forza trascinante che accompagnò tutta la sua vita.

Il Libro

E’ il segno del Vangelo e della dottrina che il Beato insegnò e predicò, con la vita e con la parola. Il Beato Giovanni fa tesoro della Parola di Dio, la medita nella sua contemplazione, ne fà la base per la sua predicazione.
Un invito per tutti noi a meglio considerare la ricchezza della Sacra Scrittura ed a scoprirla quale parola vivente di Dio nella nostra vita.

Il Giglio

Evidente simbolo della sua nota castità. Ma come va inteso questo valore della vita religiosa che, purtroppo oggi è considerato del tutto negativo?
Dice il Concilio Vaticano II: “La castità abbracciata per il regno dei cieli (Mt 19,12), quale viene professata dai religiosi, deve essere apprezzata come un insigne dono della grazia.
Essa infatti rende libero in maniera speciale il cuore dell’uomo, così da accenderlo sempre più di carità verso Dio e verso tutti gli uomini, e per conseguenza costituisce un segno particolare dei beni celesti, nonchè un mezzo efficacissimo offerto ai religiosi per poter generosamente dedicarsi al servizio divino e alle opere di apostolato. In tal modo essi davanti a tutti i fedeli sono un richiamo di quel mirabile connubbio operato da Dio e che si manifesterà pienamente nel secolo futuro, per cui la Chiesa ha Cristo come unico sposo”.

Il Rosario

Insieme a quello della croce è il segno iconografico che contraddistingue la figura e l’opera del Beato. La devozione che ebbe per la Madonna fu tenera e filiale; a Lei affida la sua stessa vita, i risultati della sua attività. Morta la madre terrena, Maria rappresenterà per il Beato, il rifugio sicuro in cui riporre tutto se stesso.
La sua fiducia in Lei è illimitata e la Madonna ricambierà in mille maniere tanta devozione esaudendolo in tutti i suoi propositi. Il Beato, da parte sua, esternerà i benefici ricevuti invocando Maria come “Madonna degli Angeli” (a cui dedicherà la Chiesa); “Maria SS. dell’Udienza” (sotto il cui titolo, per un certo periodo, risulterà consacrata la chiesa di Caccamo); “Santa Maria della Raccomandata” (a cui intitolerà il monastero di Caccamo). Tutti titoli che manifestano e connotano la grande devozione mariana del Beato Giovanni.
Instancabile fu la sua predicazione essenzialmente basata sui misteri del Rosario, piccola “Summa Teologica” a cui i Domenicani sempre faranno riferimento.
Esiste nell’Ordine Domenicano un’antica tradizione di sorteggiare per ogni frate, nella festa dell’Epifania, l’immagine di un Santo o Beato dell’Ordine che sarà per quell’anno il suo particolare protettore e di cui si deve sforzare di imitare le virtù.
La “Pratica” da cercare da attuare; un brano biblico o di qualche autore sacro da meditare; l’intenzione particolare da porre nella propria preghiera sono incentrati e fanno diretto riferimento alla vita stessa del santo. Anche nella liturgia il Beato Giovanni Liccio è indicato e celebrato come modello del “vero” predicatore del Rosario.
Ciò manifesta chiaramente come la devozione a Maria del nostro Beato dovette essere veramente grande, se gli storici e i biografi ritornano spesso su questo tema.
Ma ecco il testo, su una di queste piccole immagini che ricorda il nostro Beato: “Pratica: Amore e zelo per il Rosario. La devozione del Santo Rosario è pegno sicuro di predestinazione. (B. Alano de La Roche). Pregate per la diffusione del Rosario”.

Il Fuoco

Segno della carità, di amore e della potenza dello spirito Santo. Quanta solidarietà il Beato dimostrerà nei confronti dei poveri, degli esclusi e degli emerginati?
Quanti e quali prodigi Dio operò in loro favore, per sua intercessione? Tutto ciò gli fu possibile perchè egli sempre tenne accesso nel proprio animo questo fuoco che lo bruciava di amore verso gli altri, che lo rendeva saldo e cosciente nei momenti della prova.

Il Teschio

Tutta la nostra vita non può non tenere conto di un traguardo a cui tutti siamo chiamati: la morte. Attraverso di essa potremo raggiungere la meta per tutti comune: la visione beatifica di Dio. Il teschio su cui il Beato medita è un richiamo a meglio considerare la nostra esistenza terrena, per valutare le occasioni che Dio ci mette dinnanzi per operare la nostra e l’altrui salvezza. E che la nostra vita sia finalizzata a questo incontro con Dio, ce lo indica proprio il Beato Giovanni che nei vari ritratti ha sempre il volto in costante atteggiamento di contemplazione di queste realtà ultime, con lo sguardo verso l’alto nella visione della luce divina.
D’altronde la sua vita e la sua esperienza mistica sono indirizzate alla piena conformazione al Cristo sofferente sulla croce, ma poi risorto, primizia della nostra risurrezione.