Il Rosario di Maria: dono del cielo per cambiare la terra!

Riportiamo la riflessione di padre Giovanni Calcara pubblicata sul sito Famiglia Cristiana in data 21/05/2020.

<< Tra il primo gennaio e il primo maggio di quest’anno, dice l’Oms, sono morte per Covid-19  237.469 persone. Nello stesso periodo i morti per fame sono stati 3.731.427 e per malaria 327.267; gli aborti sno stati 14.184.388. Che ognuno di noi possa essere responsabile non solo nell’uso della mascherina, ma di pensare che possiamo essere contagiosi anche nella carità verso tutto il creato, uomo compreso. >>

Papa Francesco nella sua lettera del 25 aprile sul mese di Maggio ha richiamato il valore e il significato della tradizione e della devozione del Rosario, soprattutto nella sua valenza di preghiera domestica, soprattutto in questo periodo di pandemia. Forse potrebbe essere uno dei frutti da far maturare da questo periodo segnato da ansia, morte, preoccupazione per il futuro di tutti noi. In fondo il Rosario, come sappiamo è una preghiera cristologica, al cui centro ha la Parola di Dio, l’Incarnazione del Verbo Eterno fatto uomo, carne, vita per mezzo di Maria Vergine.

Il Rosario, quindi è dono del Cielo ma per cambiare l’uomo e la sua storia,per farla divenire esperienza di redenzione e di salvezza, assumendo come modello la condizione di Cristo ubbidente, servo, morto e proprio per questo esaltato e diventato Salvatore del mondo.

E’ quindi doveroso, ogni volta che sgraniamo la corona del Rosario per meditare gli episodi della vita di Cristo, vivere il desiderio di imitare la Vergine Maria che meditava, nel suo cuore, tutto quello che succedeva nella sua vita e attorno a lei.

Così una ragazza che ritorna in Italia, dopo 18 mesi di sequestro, per alcuni è presenta ed insultata come “ingrata, incinta, islamica” rinnovando l’odio sui social per tutto quello che non rientra nei nostri criteri personali e strumentali per fini egoistici che, niente hanno a che fare, con la convivenza pacifica in una società, in cui la diversità, come insegna papa Francesco è un’opportunità per crescere in umanità. Mentre i vescovi italiani hanno detto che Silvia Romano “è una nostra figlia”, molti credenti hanno storto il muso a tali parole e la difesa della ragazza è diventata una battaglia politica, in cui si sono distinti gli atei devoti e i laici che, professano la fede in valori come libertà, coscienza, libertà religiosa sanciti anche dalla nostra Costituzione.

L’emozione e le lacrime di una ministra Teresa Bellanova che, annunciava una legge per regolarizzare la presenza e il lavoro di tanti lavoratori stranieri che, sfruttati sono ridotti a una schiavitù di fatto, è stata etichettata come una forma di debolezza, cose da femminucce. E poi, “questi negri tolgono il lavoro agli italiani, mandiamo i nostri disoccupati a lavorare nei campi.  E poi, non ci vuole una sanatoria, ma i corridoi verdi per fare venire i lavoratori europei rimasti all’estero a causa dell’epidemia”. Bisogna vedere se sono disposti a farlo, per essere retribuiti  a 3.50 al giorno, come avviene oggi per gli stranieri. Dall’altra parte è anche vero che, oltre alla giusta e legittima legge sulla regolarizzazione dei lavoratori stranieri bisogna pensare anche a quelli italiani, come i lavoratori dell’edilizia e del piccolo commercio, delle officine e del terziario, che vede sfruttati, anche un gran numero di minorenni. Forse sarebbe bene, pensare ad un’analoga iniziativa legislativa, magari con la mobilitazione delle organizzazioni cattoliche, degli organismi diocesani come dei sindaci e tutti coloro che volessero aderire… per manifestare quello che dice papa Francesco: prima l’uomo e ogni uomo.

E poi il dramma della pandemia: tutti stressati per essere stati costretti a rimanere a casa, magari a delle convivenze indesiderate. Altri hanno osannato la possibilità di poter lavorare a casa, per poi magari lamentarsi per il problema della ricrescita dei capelli. E poi la mancanza dei concerti, delle partite, delle Prime Comunioni. La tragedia nella tragedia è quella di non pensare che nello stesso periodo, si è continuato a morire per altri motivi nel mondo. E se nell’immaginario rimarrà impresso il ricordo della colonna dei camion dell’Esercito che trasportava le salme a Bergamo verso i forni crematori, qualcuno ci ha ricordato (dal 1° gennaio al 1° maggio 2020, fonte World Health Organization) che i morti, nel mondo, a causa del coronavirus sono stati 237.469; per i sucidi abbiamo avuto 357.785 morti; per la fame: 3.731.427; per gli incidenti stradali 450.388; per la malaria 327.267; gli aborti sono stati 14.184.388.

Che ognuno di noi possa essere responsabile, non solo nell’uso della mascherina o di rispettare la distanza sociale, ma di pensare che possiamo essere contagiosi anche nella carità verso tutto il creato, uomo compreso. Pensando che se “la natura non perdona mai”, come dice papa Francesco nella Laudato sii, dobbiamo anche credere che ci sarà un giudizio di Dio sulle nostre opere. E che uno dei peccati più gravi, insegnava san Giovanni Paolo II è quello dell’indifferenza.

Oggi, come ieri, come sempre: tutti siamo responsabili, gli uni verso gli altri. La fede sarà allora un valore in più, diventerà lievito, luce, sale.

padre Giovanni Calcara, o.p.

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