Amore: utopia o unica via d‛uscita? – di padre Ennio Staid o.p.

Vi sono degli argomenti nel nostro esprimerci quotidiano, di cui è difficile parlare. Si può essere non compresi e creare disagio a chi ascolta. “Tot capita tot sententiae” dicevano i latini, il che vuol dire: “tante teste tanti modi di vedere”. In questo “mare” di opinioni diverse vi è anche la più nobile delle azioni umane: il bisogno di amare e di essere amati. Per un cristiano che si impegni a vivere l’amore, la difficoltà dell’amare anche i nemici diventa una montagna difficile da salire ogni giorno. Non è semplice amare chi uccide o ti stupra una figlia, chi ti ruba la pensione, chi ti distrugge l’appartamento. Amare è difficile; infatti se i nemici vengono perdonati, i ladri tollerati e se si dà ai fannulloni il modo di vivere alle spalle di chi lavora onestamente, la non violenza e il quieto vivere si perdono. A livello istituzionale o politico, sembra giusto rispondere con la stessa cattiveria, usare le stesse armi “occhio per occhio dente per dente”.

L’imbarazzo morale che vive il cristiano non va preso sotto gamba ma vissuto, cercando di scendere alle radici di questa contraddizione tra un postulato di giustizia che sembra portare lontano dall’amore e un postulato di amore che sembra portarci lontano dalla giustizia. Ogni tentativo di conciliare queste due tendenze è inutile e senza esito. Noi viviamo dentro una logica acculturata al possesso e alla difesa, da cui è difficile sottrarsi. D’altra parte, come cristiani, il comandamento di amare tutti non possiamo rimandarlo al futuro, dobbiamo viverlo oggi. In ogni caso non amare mi sembra ancora più difficile, perché chi non ama è infelice, vive sospettando di tutto e di tutti, la paura lo avvolge e lentamente e inesorabilmente, o si chiude in casa e non vuole più avere contatti con nessuno, oppure si arma pronto a sparare a sua volta contro chiunque attenti alla sua vita o alle sue cose. Chi non ama vede l’altro sempre come un nemico potenziale o un rivale da combattere e da vincere. Se poi quest’altro è uno straniero o un diverso, la cosa acquista una valenza più complessa.

Da un contrasto individuale si passa a un conflitto sociale: l’individuo si aggrega ad altri per scatenare una guerra più efficace. Così il nazismo vedeva gli ebrei come nemici, attaccati al denaro e sempre pronti a sovvertire lo Stato. Gli ebrei erano nemici pericolosi da cui la Germania doveva difendersi. Per difendere la razza sono nati i campi di sterminio dove milioni di ebrei, zingari, omosessuali e dissidenti sono stati eliminati. Il fine è sempre lo stesso: difenderci da chi non ci ama e da chi la pensa o vive diversamente da noi. In un quadro di questo genere l’amore diventa un sogno, un’utopia, sarebbe bello amarsi, ma non è possibile. L’istinto di sopravvivenza si erge spontaneo contro il nemico che attenta alla mia vita e in nome della giustizia è bene difendersi. Ma a pensarci bene anche questa giusta difesa non è altro che utopia, sia perché sconfitto un nemico ne sorge subito un altro, sia perché le guerre per lo più lasciano sopravvivere qualcuno interrompendo la sopravvivenza di molti altri. E allora? Allora forse si sopravvive di più e meglio con l’amore piuttosto che con la guerra. Allora pur restando un’utopia, l’amore anche per i nemici sembra essere l’unica via d’uscita, l’unica via risolutiva del dilemma tra amore e odio.

Padre Ennio Staid o.p.

Articolo tratto da Lettera agli amici della Fraternità Agognate – Anno 22° n. 108 febbraio 2021

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