Un tempo si chiamavano bugie, falsa testimonianza, calunnie. Lo sapevano bene i capi dei Giudei, quando diedero del denaro ai soldati messi di guardia al sepolcro per ostenere che gli apostoli avevano portato via il corpo di Gesù. Le nostre complicità quando, per paura del giudizio degli altri e per quieto vivere, taciamo le verità sul Salvatore e sulla Chiesa. Una riflessione del domenicano padre Giovanni Calcara.
A pensarci bene le fake news, come tante altre cose, sono esistite da secoli, solo che si chiamavano: bugie, falsa testimonianza, calunnie… Lo sapevano bene i capi dei Giudei, quando diedero del denaro alle guardie che custodivano il sepolcro di Gesù: “Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo” (Mt 28,13)”. Ma non ci sono riusciti. Infatti i discepoli moriranno per dire il contrario; hanno creduto alle parole di Gesù: “andate in Galilea, là mi vedranno… (Mt 28,8-15)”. In fondo anche loro erano dubbiosi, e solo grazie al dono dello Spirito Santo, hanno avuto il coraggio di portare a termine la loro missione.
Come ogni realtà, c’è sempre una parte di verità, magari solo di riflesso. “Lo hanno rubato i suoi discepoli…”: tutte le volte che NOI preferiamo il silenzio e non sappiamo andare “contro corrente”, rispetto a quanto leggiamo nei social o pensano i nostri colleghi, i vicini di casa, magari il gruppo ecclesiale di cui facciamo parte. Alle volte preferiamo, infatti, il “silenzio per il quieto vivere”, in tal modo diventiamo “complici e vittime” delle “strutture di peccato” che, non combattiamo e di fatto, non facciamo nulla per rimuoverle.
Come ai discepoli sulla via di Emmaus (cfr Lc 24,13-35), Gesù si affianca a ciascuno di noi e rimane “sconosciuto”. Sarà possibile scoprire la sua identità e sentirne il bisogna della presenza, solo attraverso la Parola e il Pane che, illustra e spezza per nutrire e sostenere il cammino di “ritorno dai fratelli”. Da delusi a testimoni.
Ma occorre voler “morire con Lui” per “risorgere con Lui”. “Non conformatevi alla mentalità del mondo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,2). Saremo capaci ci costruire ed essere comunità, aprire nuovi percorsi ed essere propositivi, suscitare domande e non ripetere risposte precostituite.
Se non faremo Pasqua, cioè operare il “passaggio” tra quello che siamo e quello che vorremmo essere, continueremo a volere una Chiesa senza Dio e una Liturgia senza la Parola; una morale senza Dio per cadere nei moralismi di facciata; a scandalizzarci per il bacio di due persone dello stesso sesso e non per la violenza sulle donne e sui bambini; ad aspettare che sia la magistratura con le forze dell’Ordine a fare quello che, invece spetta alla Chiesa, alla politica, ai partiti/movimenti, alla Società civile come alle associazioni di categoria (sindacati, industriali, organi professionali ecc.). In fondo preferiamo i martiri alle persone oneste. Di collezionare i santini, come le monete e i francobolli, ma non imitare nel concreto il messaggio dei Testimoni.
Che Egli sia vivo, non ci basta che qualcuno ce lo dica, anche se in chiesa. Se tutto questo non diventa esperienza personale della mia vita (pensieri, progetti, scelte economiche, stili di vita, affetti): Gesù allora, vivrà nella mia realtà (Livatino insegna). Invece di affidare alle canzoni o ai social le mie emozioni, saprò trovare in Lui il senso e il significato di ogni cosa. Proprio perché voglio ragionare sulla realtà, per essere protagonista e non trascinato/a, condizionato/a, bullizzato/a da nessuno.
Insegnava il grande cardinale Salvatore Pappalardo: il silenzio e l’omertà, non sono attitudini del cristiano”. In fondo Pasqua, può anche significare questo: chiamare le cose con il proprio nome, non guardare nella direzione sbagliata, desiderare ed operare il bene, la verità, la bellezza.
So di vivere una vita sola e, quindi, preferisco di non essere fregato/a da nessuno, ma di saperla vivere bene: qui dove vivo, non dimenticando mai di essere “cittadino/a del mondo”, come diceva Giorgio La Pira.
Padre Giovanni Calcara O.P.